Care Amiche e Cari Amici
la conclusione del 2024 è l’occasione per un breve bilancio delle attività realizzate dalla Fondazione Roche nel corso dell’anno, e abbiamo scelto di farlo soffermandoci sulle iniziative che reputiamo più significative, alla luce del nostro Statuto e della loro possibile rilevanza.
Nelle pagine che seguono sarà quindi commentato, in primo luogo, l’evento organizzato insieme a CasAmica, partner consolidato della nostra Fondazione, e dedicato ad approfondire il tema delle migrazioni sanitarie tra diverse regioni da parte dei pazienti e delle loro famiglie: in questo contesto, si è riservato un particolare interesse a verificare come l’evoluzione tecnologica introdotta dalla digitalizzazione possa limitare tali spostamenti ed i conseguenti disagi e discriminazioni tra cittadini. D’altra parte, la valorizzazione della digitalizzazione costituisce anche il filo conduttore che unisce altre due iniziative di rilievo del 2024, e cioè la pubblicazione in materia di sostenibilità del sistema sanitario e l’evento sulla cronicità che, grazie al contributo di diversi esperti, hanno evidenziato come la tecnologia possa essere posta al servizio delle persone e contribuire a garantirne i diritti.
Con questa newsletter desideriamo richiamare l’attenzione anche sull’ottava edizione del bando sulla ricerca indipendente che nel 2024, come nelle edizioni precedenti, ha riscosso notevole interesse da parte dei giovani ricercatori cui è riservato. Quest’anno si è scelto di focalizzarsi in particolare sulle caratteristiche di uno studio che si è aggiudicata uno dei sette premi e sulla ricercatrice che lo ha realizzato, che ha descritto la propria esperienza professionale e personale, sottolineando come anche la ricerca scientifica possa rappresentare un fattore di inclusione.
Per chi ci ha seguito con attenzione nel corso del 2024, la lettura delle prossime pagine potrà essere di interesse, e auspichiamo che proprio questo interesse possa essere la migliore premessa per tutte le iniziative che svilupperemo anche nel 2025, cercando di conciliare la continuità, che deriva dalla coerenza con il nostro Statuto, con la sensibilità verso il contesto esterno e i suoi cambiamenti.
Nel frattempo, cogliamo questa occasione anche per augurare Buon Natale e felice 2025.
Mariapia Garavaglia, Presidente della Fondazione Roche
Dalla nostra fondazione, ogni anno ci impegniamo a pubblicare un volume di approfondimento su tematiche rilevanti per il Sistema Salute e tutti gli interlocutori che ne fanno parte. Tra i più recenti, nel 2023 abbiamo dato vita a “I dati. Il futuro della sanità. Strumenti per una reale innovazione” dedicato al valore dei dati per la salute dei cittadini e l’efficienza del Servizio sanitario nazionale. I Big Data in sanità hanno la potenzialità di orientare le politiche per la salute, indirizzare gli investimenti in ricerca e sviluppo e influenzare la vita dei singoli individui e dell’intera popolazione, oltre che generare un importante ritorno economico. Il testo ha raccolto i contributi di 39 esperti e ricercatori con l’obiettivo di analizzare le problematiche e le potenzialità dei dati a fini di ricerca e di ottimizzazione dei servizi, a vantaggio dei cittadini, del Servizio Sanitario Nazionale e delle imprese. A quella pubblicazione è seguito, nel 2024, un altro volume: “2030. La sostenibilità della salute. Nuovi equilibri tra dati, welfare e SSN”. Questa volta l’obiettivo è stato quello di approfondire le diverse ma complementari prospettive ed evidenziare la necessità di una visione complessiva e innovativa del sistema salute, che deve rappresentare la spinta per molteplici settori, discipline e comunità a vari livelli della società a lavorare sinergicamente. Oggi è ormai chiaro che la sostenibilità della salute si articola attraverso una molteplicità di prospettive, scientifiche, economiche e giuridiche, all’interno di un sistema di welfare caratterizzato dall’interdipendenza tra salute, sviluppo economico e diritti dei cittadini. Al volume hanno lavorato 55 autori che hanno affrontato 5 macro-temi: dati clinici e sostenibilità; SSN e futuri livelli di sostenibilità; sostenibilità ricerca e salute; sostenibilità ambiente e salute e sostenibilità, diritti e società. Nel nostro Paese la ricerca rappresenta il motore dello sviluppo economico e sociale. L’industria farmaceutica investe in studi clinici oltre 700 milioni di euro all’anno, il più alto contributo al sistema nazionale in questo ambito, nonché un patrimonio da preservare e incentivare in quanto rappresenta uno dei maggiori driver dello sviluppo delle conoscenze e, in un momento storico di grande evoluzione e innovazione che abbraccia molteplici dimensioni (scientifica, clinica, tecnologica, demografica, geopolitica, industriale e delle competenze). In questo scenario l’Italia ha le possibilità di svolgere un ruolo chiave in Europa e la governance farmaceutica deve poter tradurre le potenzialità in concrete opportunità di crescita.
Ma Ricerca, oggi più di ieri, significa anche essere aperti ai nuovi strumenti che l’innovazione tecnologica mette a nostra disposizione. È per questo motivo che la pubblicazione prevista per il 2025 sarà tutta dedicata all’applicazione del digitale nel mondo della salute. Non un manuale teorico ma uno strumento che da un lato cercherà di tenere insieme i punti di vista differenti, generare discussioni e raccontare punti di vista inediti per provare a tracciare le prospettive future. Del digitale non possiamo avere paura, anzi. Dobbiamo guardarlo come fattore abilitante di nuovi sviluppi. Quali potrebbero essere i vantaggi per il cittadino? Quanto, invece, il risparmio per il sistema sanitario nazionale? Ogni nuovo approccio comporta certamente dei rischi ma vale comunque la pena andare avanti per superarli. Saranno quattro i macrotemi della pubblicazione: digitale e sistema salute; digitale e attenzione ai pazienti; digitale e diritti; nuove possibilità. Il volume proverà a rispondere a 360 gradi a molti interrogativi. Tra cui che ruolo avrà il digitale per la sostenibilità del Sistema sanitario nazionale? Come lo sta usando l’Italia rispetto all’Europa e al resto del mondo? Come possiamo usarlo per fare prevenzione? E ancora: il digitale può aiutarci a superare le disuguaglianze? Fino a dove possiamo spingerci con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale? Sarà possibile delocalizzare le cure e quindi ridurre il fenomeno della migrazione sanitaria? Non è forse questo che fa la ricerca? Porsi domani per trovare soluzioni che migliorino la qualità della vita dei pazienti che sono, prima di tutto, persone.
La convivenza con la cronicità di una o più patologie è stata al centro della tappa più recente del progetto “Tutto nella norma”, che portiamo avanti da diversi anni in collaborazione con Formiche. L’obiettivo è quello di incoraggiare e promuovere il dialogo tra tutti gli attori del mondo della salute: i pazienti, attraverso le associazioni che li rappresentano, e poi personale medico e sanitario, istituzioni ed esperti.
La tavola rotonda “Cronicità e digitalizzazione. Strategie per l’inclusione e la sostenibilità”, che si è tenuta a Roma il 18 novembre 2024, ha messo al centro le persone prima ancora delle terapie. «I tumori sono la prima causa di morte dei pazienti over 65», ha detto Giovanni Apolone, direttore scientifico dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano. «Se non saremo in grado di controllare i principali fattori di rischio, alla luce dell’invecchiamento della popolazione, sarà più probabile l’incidenza del cancro. Vanno cambiati alcuni stili di vita: in Italia, il 20% dei cittadini fuma, il 30% è sovrappeso, il 10% è obeso. Di contro, siamo più tempestivi a fronte dei primi sintomi, con gli screening di popolazione che oggi riguardano i tumori della mammella, del colon retto e del collo dell’utero delle donne, ai quali presto si aggiungeranno i tumori del polmone e della prostata. Negli ultimi cinque anni, sono 4,5-5 milioni gli italiani che hanno curato un tumore e sono ancora vivi. Ma sono tanti i casi che richiedono continui follow up, monitoraggio e sorveglianza. Riusciamo a curare e guarire il 65% delle nuove diagnosi di cancro, che a volte diventano croniche. I buoni programmi di prevenzione primaria, nel nostro caso e nelle patologie cardiovascolari, aiutano ad abbattere la probabilità di malattia. Occorre uniformare la qualità nel nostro Paese: assistiamo a tante migrazioni di pazienti dal Sud al Nord, in cerca dei migliori centri di cura, ma devono viaggiare le cure e non i malati».
Oggi si curano patologie che erano incurabili appena 10-20 anni fa. E sono disponibili farmaci recenti più efficaci. «La cronicità in un paziente può essere positiva, perché durerà nel tempo e consentirà di vivere. Ma è sempre una buona notizia?», è stata la provocazione di Sandro Spinsanti, direttore e fondatore dell’Istituto Giano per le medical humanities e il management in sanità. «Cronico vuol dire “per sempre”. E tutti i pazienti vorrebbero tornare ad essere come prima. Invece devono riformulare il proprio io. Non solo: convivere con la cronicità impone cambiamenti anche nel rapporto con i curanti; perché un tempo ci si affidava interamente ai medici ma oggi non funziona così. Occorre una medicina fondata sulla conversazione e sulle parole oneste, ma bisogna pure cambiare il modello della sanità pubblica, basato sull’acuzie e sull’ospedalizzazione».
Nei prossimi vent’anni, come ha ricordato Federico Spandonaro, professore aggregato presso l’Università di Roma “Tor Vergata” e presidente di Crea Sanità, in Italia ci saranno cinque milioni di anziani in più rispetto a oggi. Di questo si dovrà tenere conto anche in materia di cronicità delle patologie da curare. Ma si invertirà la tendenza che vede più giovani al Sud rispetto al Nord. «Il vero problema, però, sarà la non autosufficienza di milioni di persone, la cui gestione oggi è affidata a 900mila badanti, cioè a personale non qualificato, per una spesa di 7,7 miliardi di euro», ha sottolineato il professor Spandonaro.
Quale potrebbe essere la soluzione a questi problemi? Qual è la strada da percorrere? La tecnologia moderna può fare molto per migliorare il sistema sanitario nazionale. Elettra Carini, dirigente medico di Agenas, ha sottolineato che «un ambiente con dati nativamente digitali e personalizzati aiuta tutti i professionisti ad avere una visione più completa dell’assistito, migliorando sia la qualità delle cure che l’efficienza del sistema sanitario. E la casa del paziente diventa il primo luogo di cura grazie a strumenti come la telemedicina».
Sulla formazione del personale sanitario ha puntato particolarmente nel suo intervento conclusivo Mariapia Garavaglia, presidente della Fondazione Roche. «Ma è indispensabile un sistema informatico che metta insieme le discipline, i bisogni e le soluzioni possibili», ha poi rimarcato. «Tuttavia, se non si riformerà il Prontuario terapeutico, non riusciremo a inserire i farmaci che fanno guarire e manterremo i farmaci che cronicizzano. Ringrazio in particolar modo i rappresentanti delle associazioni dei malati, perché lì c’è la sapienza della competenza che viene acquisita a causa dell’esperienza, cioè la sofferenza dei malati e dell’accompagnamento dei familiari e dei volontari. Ecco perché bisogna valorizzare il Terzo settore in questo ambito». Per rivedere l’evento integrale clicca qui
La malattia è un goccia che cade nell’acqua. Colpisce il paziente e poi si allarga. Alla famiglia, agli amici, alla comunità. È un passaggio in cui ci si sente fragili, e diventa ancora più delicato quando – per esercitare il diritto alla cura – i pazienti devono lasciare la loro casa, la loro città, la loro regione. Eppure è quello che è successo, negli ultimi tre anni, a un milione di cittadini, e quindi un milione di famiglie, che dal Sud Italia e dalle Isole si sono mossi verso il Centro e soprattutto verso il Nord Italia.
Questo dato è emerso dal sondaggio “Studio sui migranti sanitari”, condotto da EMG Different per CasAmica Odv, un’organizzazione di volontariato attiva dal 1986 che accoglie malati e familiari nelle sue strutture in Lazio e Lombardia. Lo studio è stato svolto su un campione rappresentativo di cittadini di età compresa tra i 35 e i 65 anni residenti in Calabria, Puglia, Campania, Sicilia e Sardegna, e restituisce uno spaccato di realtà sempre più preoccupante. Dei risultati della ricerca si è discusso durante un evento organizzato da Fondazione Roche e CasaAmica nato per ragionare insieme su come migliorare i percorsi di assistenza sanitaria.
«Quasi il 70% dei migranti della salute intervistati ha scelto il Lazio e la Lombardia come regioni per curarsi», ha raccontato Stefano Gastaldi, direttore generale CasAmica. «Le cause di questa “migrazione” sono da ricercare nei motivi legati all’opportunità di ottenere una migliore offerta sanitaria (51%) e medici più preparati (39%) o addirittura nella concreta impossibilità di ricevere cure adeguate alla propria patologia nella regione di provenienza (32%)».
Abbiamo, però, degli strumenti che possono avere un impatto positivo su questo scenario e che sempre di più potranno aiutare team di cura pazienti e famiglie. Stiamo parlando delle tecnologie digitali. Proprio questo tema è stato al centro della tavola rotonda “Migranti della salute nell’era digitale: quali prospettive?”. Istituzioni, clinici e Terzo settore si sono confrontati su come il digitale possa aiutare a ridurre l’impatto economico e psicologico di chi si sposta per ricevere cure: le nuove tecnologie.
La migrazione sanitaria infatti non comporta solo disagi logistici, ma ha anche un notevole impatto economico. Il 60% degli intervistati lamenta i costi elevati per spostamenti e alloggi, e il 58% avrebbe necessitato di tariffe più accessibili. Oltre ai costi, molti malati e le loro famiglie hanno espresso la necessità di supporto psicologico (49%) e di servizi di trasporto per raggiungere le strutture sanitarie (43%). In media, chi si è curato fuori dalla propria regione lo ha fatto almeno tre volte (38%) negli ultimi tre anni, accompagnato da un familiare (75%), con una permanenza media di otto giorni. Tutti dati che evidenziano il pesante carico emotivo che queste famiglie devono affrontare.
Occorre quindi un cambio di paradigma concreto che partendo dall’implementazione della digitalizzazione, in primis della telemedicina, integrata con servizi di assistenza sanitaria territoriale, permettano di ottimizzare l’equità e l’accesso ai migliori percorsi di diagnosi e cura.
La nostra collaborazione con CasAmica prosegue da tempo. Ed è sempre tesa a portare valore al dibattito istituzionale e un impatto positivo sulla vita delle persone. Siamo fortemente concentrati sul futuro della salute e sull’innovazione del settore, con un’attenzione particolare all’uso degli strumenti digitali per creare benefici a livello di sistema e di singolo cittadino: dalla sostenibilità economica e sociale all’ottimizzazione dei percorsi di cura, fino ai nuovi scenari che si aprono per la ricerca. Sfruttare il pieno potenziale degli strumenti digitali in sanità può essere una leva fondamentale per promuovere i principi che sono alla base del nostro Sistema Sanitario Nazionale – universalità, uguaglianza ed equità – contribuendo a superare molte delle sfide sanitarie del nostro tempo. A patto che ci sia, però, un contesto pronto a recepirne i cambiamenti.
«Ho studiato medicina in Etiopia, dove sono nata», racconta Tizibt Ashine Bogale, 34 anni. «Ho lavorato lì per due anni come medico. Nel 2013 mi fu assegnato il certificato di miglior studente di Medicina dall’Associazione Medica Etiope. Ho avuto la grande opportunità di fare un master in neuroscienze all’Università di Goettingen, in Germania. Ho anche ricevuto una borsa di studio dell’ Institut universitaire en santé mentale de Québec della durata di cinque anni per proseguire il mio dottorato di ricerca presso l’Università di Laval, in Canada. Non l’ho fatto perché per questioni personali sono tornata in Etiopia». Ma la passione di questa giovane ricercatrice l’ha riportata in giro per il mondo. Questa volta il punto d’arrivo è stato l’Italia. Siamo nel 2019 e a Tizibt Ashine Bogale viene assegnata la borsa di studio Marie-Sklodowoska per ricercatori nella fase iniziale della carriera per proseguire i suoi studi di dottorato all’Università di Brescia «e qui», racconta, «mi è stato assegnato il certificato per la migliore presentazione orale al congresso nazionale di dottorato SINS nel 2022».
Tizibt Ashine Bogale è giovane ma ha già alle spalle una carriera invidiabile. È un vero talento della medicina e della ricerca. Ed è stata lei a vincere l’Overall Prize del Bando per la Ricerca Indipendente di Fondazione Roche. Grazie al finanziamento potrà proseguire la sua ricerca che ambisce a chiarire il ruolo di alfa-sinucleina (aSyn) negli eventi di riparazione vascolare dopo un ictus ischemico. Ora è ricercatrice post-doc presso il Laboratorio Ictus e Disfunzioni Vascolari dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS. «In ambito medico-scientifico le risorse per svolgere ricerche e sperimentazioni sono di fondamentale importanza, perché determinano i percorsi di miglioramento per la salute di tutti. Così, quando decidono di assegnare parte delle loro risorse a studenti e ricercatori, gli enti e le fondazioni che ne dispongono sanno di avere al contempo una grande chance e una grande responsabilità», spiega.
La Tizibt Ashine Bogale bambina sapeva che sarebbe diventata un medico: «La scelta di studiare medicina», dice, «aveva a che fare anche con il mio interesse personale. Vengo da un Paese molto povero. Con molte lacune nel campo medico. Con tanti pazienti e pochi dottori. Volevo diventare un medico per essere parte della soluzione a quei problemi». Tizibt Ashine Bogale è una ricercatrice brillante e una madre single che vive in un Paese diverso da quello d’origine. «Quando mi sono trasferita in Italia nel 2019 non avevo ancora mia figlia con me. Quando finalmente mi ha raggiunto – dopo un processo di ricongiungimento familiare molto complicato durato due anni – avevo da poco discusso la mia tesi. Vivevamo da sole, nessuno dei miei familiari, che ha fatto molto sacrifici e mi ha sostenuta nei miei studi, era qui in Italia».
Ma Tizibt Ashine Bogale non ha mollato, non si è tirata indietro. «Nel settembre 2023, ci siamo trasferite a Milano e io ho iniziato a lavorare all’Istituto Mario Negri. Ho potuto vivere con mia figlia nella residenza dell’Istituto in modo che io potessi concentrarmi al massimo sul lavoro senza dovermi preoccupare della logistica per raggiungere il posto di lavoro, visto che non avrei potuto permettermi una casa in città con il mio stipendio. In generale qui in Italia le retribuzioni per i ricercatori sono molto basse, anche per i post-doc come me». Eppure il valore della ricerca, quindi il valore del lavoro che sta facendo Tizibt Ashine Bogale, è inestimabile: «Dovremmo sempre di più avvicinarci alle materie Stem. Dobbiamo renderci conto che il mondo sta cambiando. Dalla nostra parte abbiamo più strumenti e non dobbiamo solo “usarli” ma prima di tutto capire come usarli al meglio. Il mondo di oggi è digitale, più dipendente dall’intelligenza artificiale. Per questo è essenziale incoraggiare gli studi in queste materie. Ancora di più per le bambine, le ragazze, le giovani donne. Fino ad oggi queste sono state materie di appannaggio maschile. Invece dobbiamo superare questo pregiudizio culturale comune alle nostre società per cui le bambine sono tendenzialmente invitate a usare giocattoli cognitivamente meno stimolanti, mentre ai ragazzi vengono proposti quelli che promuovono le loro capacità cognitive e che sono piuttosto rilevanti per lo sviluppo dei primi interessi nelle materie Stem. Devo ammettere che però sono fiduciosa, basta guardare alle università, soprattutto a quelle occidentali. Sempre di più si riempiono di ragazze che scelgono questa strada. Studiare materie STEM è fondamentale anche per comprendere noi stessi, l’ambiente circostante e le complesse interazioni all’interno degli ecosistemi in cui viviamo, il che ci fornirà gli strumenti per affrontare problemi complessi come in biologia e sviluppare soluzioni innovative che facciano progredire l’umanità». Quando Tizibt Ashine Bogale pensa al futuro ha le idee chiare: «Voglio continuare a fare ricerca e voglio anche continuare la mia carriera come neuroscienziata traslazionale».